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di Esculapio
tratta dall'enciclopedia svedese
Nordisk familjebok - seconda edizione 1904/1926
da un'antica statua del Louvre di Parigi
tratta dall'enciclopedia svedese
Nordisk familjebok - seconda edizione 1904/1926
da un'antica statua del Louvre di Parigi
Le ricette
di Esculapio provengono dagli Asclepiei. Asclepieo, in greco Asklepiêion,
era il nome dato ai vari santuari di Asclepio. Inizialmente l’Asclepieo fu
una semplice fontana, o un pozzo, chiusa da un boschetto, che i malati
attraversavano per avvicinarsi al luogo sacro e chiedere al dio la guarigione.
Più tardi sorsero veri templi, contornati da portici, ospedali, abitazioni.
Il malato era sottoposto a digiuni e lavacri purificatori, seguiti da un
sacrificio propiziatorio; passava poi la notte nel tempio, dove aveva un sogno
(spontaneo o provocato per suggestione), che il sacerdote, al mattino,
interpretava, enunciando la diagnosi e la cura. Celebri Asclepiei sorgevano a
Epidauro, a Coo, a Tricca, ad Atene e a Pergamo. Il santuario di Epidauro,
oltre al tempio decorato dalle sculture di Timoteo, comprendeva importanti
monumenti quali la thólos (edificio rotondo, spesso circondato da un
colonnato e collegato a complessi sacri, dell'architettura greca del sec. IV
aC) e il teatro.
Ma che
cosa si otteneva in realtà negli Asclepiei, e per quali motivi? A giudicare
dagli ex-voto che ci sono stati restituiti dagli scavi archeologici, si
direbbe che si ottenevano veri e propri miracoli, i quali parrebbero
confermati da una nutrita serie d’iscrizioni ritrovate soprattutto fra le
rovine dell’Asclepieo di Epidauro: si tratta di tavolette di ringraziamento
nelle quali si descrive la malattia, la cura suggerita dal dio e,
naturalmente, la perfetta guarigione, per la quale si ringrazia Asclepio.
Ma non è
tutto oro ciò che brilla: a una critica serrata le tavolette non reggono e si
rivelano il frutto di un gusto celebrativo, incensatorio, sostanzialmente
propagandistico, che non ha nulla a che vedere con la scienza o con il
documento scientifico. Solo un aspetto ci basterebbe per farcene convinti:
spesso le iscrizioni indicano la ricetta della pozione bevuta prima del sonno
divinatorio, nonché la ricetta della medicina suggerita dal dio. Le prime
eliminano ogni dubbio sulla natura né ipnotica né stupefacente né eccitante
delle bevande somministrate ai pazienti. Le seconde testimoniano l’assoluta
inefficacia dei preparati medicamentosi in relazione alla malattia che si
vorrebbe spacciare per
guarita da siffatti decotti, empiastri o unguenti.
Infatti
anche nel caso delle ricette del secondo tipo non si tratta che di preparati
dotati del normale potere evacuante o di nessuna efficacia in qualsiasi senso.
Con tali
medicine, quindi, poco o nulla si poteva ottenere. Rimangono gli ex-voto a
lasciarci nel dubbio, dubbio che difficilmente, tuttavia, i reperti
archeologici potranno mai sciogliere.
Qualche
cosa certamente si otteneva se si facevano degli ex-voto, ma è difficilmente
credibile che i risultati fossero dovuti a una vera e propria efficacia del
procedimento terapeutico. Prima di tutto una componente fortissima doveva
essere senz’altro costituita dal fenomeno della suggestione, fosse essa
autosuggestione o suggestione indotta tramite le pratiche preparatorie imposte
dai sacerdoti e dai loro assistenti. ln secondo luogo, uno studio anche solo
rapido della collocazione geografica dei più importanti Asclepiei e delle
caratteristiche climatiche delle località nelle quali essi si innalzavano può
spiegare molte cose.
Innanzitutto,
infatti, osserviamo che gli Asclepiei erano normalmente costruiti in una zona
riparata dai venti e quindi protetta contro i danni di un clima incostante;
secondariamente, essi erano circondati da estesi boschi, per lo più di
conifere e di piante aromatiche, il che conferiva all’aria una salubrità
particolare; in terzo luogo, erano sempre costruiti in prossimità di una
fonte, dalla quale (e recenti analisi chimiche hanno confermato l’ipotesi)
uscivano acque minerali sul tipo delle molte ancor oggi in uso, oppure acque
termali i cui poteri terapeutici l’antico empirismo doveva assai per tempo
aver insegnato sia al medico sia al sacerdote. Infine, e questo è forse uno
dei fattori più importanti, una dieta regolata sotto il controllo dei
sacerdoti, e un’accurata igiene con bagni frequenti, abluzioni, esercizi
ginnici e altre pratiche del genere, ben potevano, in parecchi casi,
determinare una reazione salutare nel malato.
Ma assai
più notevole fu il beneficio che gli Asclepiei recarono all’umanità e alla
cultura sotto un altro aspetto e per un ben diverso motivo che non quello dei
risultati che si potevano ottenere con le cure e i metodi terapeutici in essi
praticati.
Già
l’antica tradizione affermava che Ippocrate
aveva formato il patrimonio della sua cultura medica studiando le iscrizioni
votive conservate nei diversi templi di Apollo o di Asclepio distribuiti in
tutta la Grecia, iscrizioni nelle quali egli, secondo gli antichi autori,
avrebbe trovato praticamente un’infinita serie di casi clinici, corredati
della descrizione dei loro sintomi, nonché dell’indicazione delle cure che
avevano portato alla guarigione. Ciò avrebbe costituito un immenso patrimonio
di conoscenze mediche, attingendo al quale Ippocrate avrebbe potuto
raggiungere quella vastissima cultura, presupposto necessario alla formazione
non solo della sua figura di medico e dei criteri fondamentali della sua
attività, ma anche e soprattutto della sua completa e complessa concezione
anatomofisiologica. Orbene, se una notizia del genere è annoverare solo fra i
tanti aneddoti privi di fondamento di cui l’antica tradizione ha voluto
arricchire e infiorare le pagine più nobili della sua storia, al di là dei
limiti dell’aneddoto noi possiamo trovare un suggerimento di portata quanto
mai singolare.
Intorno
agli Asclepiei, e anche nell’interno di essi, fra i vari inservienti al
seguito dei sacerdoti-medici si trovava un notevolissimo numero di medici
pratici, ivi attirati dal fatto che l’afflusso spesso enorme di malati a
questi templi forniva un materiale di osservazione e di indagine difficilmente
reperibile, per numero e varietà, in altre località e in altre condizioni.
Si verificò,
cioè, intorno agli Asclepiei, quello stesso fenomeno che secoli più tardi
ritroveremo nel Medio Evo, durante il fiorire della cosiddetta “Medicina
monastica” intorno ai monasteri, che costituivano la prima forma — sia
pure ancora grezza e insufficiente — di ambulatori pubblici e, nello stesso
tempo, dì ospedali: si riunirono gruppi di medici laici, i quali,
organizzandosi più tardi in una scuola, crearono quei centri di studio che
spesso raggiunsero e superarono in fama i più gloriosi monasteri, come fu —
per citare l’esempio più notevole — il caso della “Scuola Salernitana”,
che sorse nelle vicinanze di un monastero nel quale già da alcuni secoli, si
può dire, i monaci esercitavano l’arte medica.
Altrettanto
dovette certamente accadere intorno agli Asclepiei dell’antica Grecia. Fu
così che, se da un lato poté nascere la favola intorno agli studi di
Ippocrate, dall’altro gli Asclepiei contribuirono in misura davvero
singolare allo sviluppo della medicina pratica, destinata ben presto a trovare
in Ippocrate un genio, il quale non ebbe possibilità di confronto per
parecchi secoli, e, nella sua teoria, una sistemazione organica, che seppe
resistere quasi intatta per più di duemila anni.
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